La lombalgia cronica è un dolore a livello della zona lombare della colonna che si prolunga senza interruzione da almeno 6 mesi: si tratta di una situazione di sofferenza che colpisce il 5% dei lombalgici, ossia il 4% dell’intera popolazione: parliamo di circa 2 milioni di persone in Italia.
Perché un mal di schiena dura così a lungo?
Il problema è che non si tratta più di un semplice mal di schiena. Sopra alla lesione iniziale, infatti, si sono sovrapposti molteplici strati costituiti da altre difficoltà fisiche, cui si sono aggiunte complicazioni psicologiche, che sono ulteriormente peggiorate per tutta una serie di difficoltà sul versante sociale, della vita quotidiana.
Il mal di schiena cronico viene infatti definito, con una tipica parola difficile, una patologia bio-psico-sociale, ossia una patologia in cui si intersecano componenti biologiche, psicologiche e sociali.
Il mal di schiena cronico è un complicato puzzle da riordinare, fatto da tre tipi di pezzi. I primi pezzi del puzzle riguardano il versante biologico del problema, che comprende la lesione iniziale che ha dato origine al dolore, ma anche tutte quelle difficoltà fisiche che si sviluppano inevitabilmente in chi ha mal di schiena per così tanto tempo: a furia di aver dolore il lombalgico ha ridotto le attività nella sua vita quotidiana, potrebbero avergli detto che non può più fare l’attività fisica che gli piace e con il tempo ha perso di allenamento. Letteralmente spesso il lombalgico cronico si fa venire mal di schiena semplicemente fisicamente non riesce più a sostenere le attività che prima svolgeva regolarmente.
E cosa c’entrano i problemi psicologici? Non si può dire che il paziente si inventa tutto!
Assolutamente no! Provate voi ad avere mal di schiena per mesi interi, a svegliarvi al mattino chiedendovi per prima cosa se è una buona giornata in base al vostro dolore, magari a prendere in braccio vostro figlio “solo per dovere” come ha detto una volta un paziente, perché avete un gran dolore. E’ impossibile non avere contraccolpi psicologici. Questo non fa che sensibilizzare sempre di più al dolore. E’ come per il raffreddore: meno ci pensiamo e meno starnutiamo, più ci pensiamo e peggio stiamo. D’altra parte è un circolo vizioso dal quale ci vuole un aiuto come quello di Isico per uscire.
Il trattamento
La riabilitazione anche in questo caso è e rimane un percorso individuale, che il paziente fa autonomamente con l’aiuto del rieducatore. Quindi: lavoro sul versante fisico (esercizi), lavoro sul versante psicologico (è fondamentale l’approccio cognitivo-comportamentale – ossia sapere, conoscere per comportarsi adeguatamente) e sociale (di nuovo modalità di comportamento)
L’intervento, in Isico, inizia con una serie di informazioni precise, che spaziano dall’anatomia e fisiologia, passando attraverso l’ergonomia, ossia come si deve usare il proprio corpo, e soprattutto attraverso l’approccio psicologico al dolore, come ci si deve comportare, cosa si deve fare nelle varie situazioni, cosa è vero e cosa è falso. Fondamentale risulta essere il lavoro col paziente dell’intero team riabilitativo (medico specialista, fisioterapista ed eventuale supporto psicologico): contatta una delle nostre sedi per un consulto.
I danni fisici conseguenti a mesi di dolore ci sono e si fanno sentire molto. Il concetto fondamentale degli esercizi proposti da Isico è però anche qui comportamentale.
Si deve re-imparare che il movimento in generale non solo non fa male, ma fa bene anche se sul momento può sembrare aumentare il dolore. In questo caso Isico sceglie una tecnica a gradini, con esercizi che sono l’uno la logica prosecuzione dell’altro.
Con il tempo, più o meno lentamente in base a quanto consentito dalle condizioni del paziente, si deve inesorabilmente risalire la scala della forma fisica, perché solo così si potrà stare meglio.
Si deve recuperare la schiena a 360° dal punto di vista fisico. Si devono fare esercizi di recupero della mobilità, esercizi di rinforzo, esercizi di miglioramento del controllo del movimento.
Non solo un pezzo, ma tutto l’insieme. Ma anche qui è fondamentale da un lato la progressione, lenta e graduale ma costante; dall’altro la presenza di un rieducatore come quelli di Isico che ci sia, ma che non sia assillante, che aiuti a comprendere senza sostituirsi al paziente: tutti questi elementi devono essere acquisiti dal paziente da solo, con un aiuto esterno, ma da solo. Ed Isico aiuta proprio in questo.