Lombalgia – Domande frequenti

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Come lo stesso termine "colonna" suggerisce, una delle principali funzioni della colonna vertebrale è quella di sostenere il peso della testa e del tronco e garantire la stabilità di tutta la parte superiore del corpo (tronco/arti). Inoltre costituisce - come il cranio per il cervello - la "scatola" che protegge il midollo spinale e le radici nervose che, scorrendo al suo interno, collegano il sistema nervoso centrale alla periferia. 
Terza importantissima funzione è consentire, attraverso il complicato gioco di diverse strutture, i movimenti della testa e del tronco, e l'assorbimento delle sollecitazioni meccaniche che derivano dalla stazione eretta e dalla deambulazione.

Il problema non è tanto la molteplicità, quanto la contradditorietà tra le funzioni di sostegno e quelle di mobilità. L`equilibrio di queste funzioni contradditorie è consentito dalla particolare conformazione della colonna, dalla sinergia di una grande varietà di strutture e da un controllo molto sofisticato da parte del cervello.

L'unità base della colonna vertebrale sono le vertebre, strutture ossee che, viste anteriormente, costituiscono i "mattoncini" (corpo vertebrale) cui è affidata la stabilità della colonna, e, nella parte posteriore, presentano una serie di propaggini (processi trasversi/spinosi) cui si attaccano i muscoli. 
Contraendosi, i muscoli generano il movimento tra una vertebra e l'altra; la sommatoria di questi piccoli movimenti si traduce nel movimento complessivo della colonna.
Le vertebre sono separate dai dischi intervertebrali, strutture uniche all'interno del corpo umano, composte da un nucleo costituito essenzialmente d'acqua avvolto in una tunica fibrosa, che si comportano come ammortizzatori idraulici capaci di distribuire e assorbire le sollecitazioni meccaniche date dal movimento e dalla stazione eretta, che è poi la causa principale di tanti dei nostri mal di schiena.

E’ proprio dalla stazione eretta che deriva la principale difficoltà intrinseca del tratto lombare della colonna: a causa sua la colonna ha assunto la sua caratteristica conformazione a curve. Ma poichè l'uomo è in piedi da un tempo relativamente breve, la colonna non ha ancora trovato il proprio assetto ideale. Questa evoluzione per così dire "imperfetta" spiega gran parte dei mal di schiena.

In linea generale possiamo dire che il mal di schiena acuto può venir fuori o per uno sforzo improvviso e importante che la colonna non riesce ad assorbire correttamente (è il caso del cosiddetto "colpo della strega"), o per sommatoria di piccoli sforzi che finiscono per sovraccaricarla. Dato il grande numero di cause teoriche allora, ed escluse poche cause gravi - quelle sì individuabili - non siamo in grado di determinare con certezza dove sia lo squilibrio che causa il dolore. Sono però stati chiaramente individuati alcuni fattori di rischio e alcune patologie predisponenti.

Alcuni di questi fattori sono genetici, altri però sono legati al comportamento. È provato che fumo e mancanza di movimento "asfissiano" il disco intervertebrale. Il primo perché riduce l'ossigenazione dei tessuti, la seconda perché è proprio il movimento che attiva un meccanismo a pompa che - al contrario - favorisce l'afflusso di ossigeno. Anche il sovrappeso è da evitare perché sovraccarica di lavoro le vertebre lombari. Altrettanto importante è imparare ad assumere posizioni corrette che rispettino la conformazione della colonna vertebrale. Dicevamo che, da quando l'uomo ha assunto la posizione eretta, la colonna ha il problema di assestarsi sui due piedi. Negli ultimi 100 anni si è aggiunto anche il problema di stare seduti! Quella seduta infatti, è una delle posizioni più difficili per la colonna proprio perché non ne rispetta la naturale curvatura.

L'artrosi, che di per sè altro non è che un segno dell'invecchiamento fisiologico, può predisporre al mal di schiena; così come un'ernia del disco, un canale vertebrale stretto o una "spondilolistesi". Tuttavia è della massima importanza chiarire che non c'è alcuna corrispondenza tra entità dell'eventuale patologia e quantità di dolore.

Vai dal medico, il quale, in primo luogo, ascolterà attentamente la tua storia clinica.
Poi valuterà l'articolarità della colonna chiedendoti di effettuare - sia in piedi sia disteso sul lettino - movimenti di flesso/estensione. Infine procederà all'esame neurologico valutando i riflessi e le risposte muscolari alla richiesta di movimento, ed effettuerà un'accurata palpazione della colonna vertebrale per individuare con precisione il punto da dove irradia il dolore. Se - come probabile - l'esame clinico non rivelerà alcuna causa grave, consiglierà una giusta dose di attività fisica, qualche trattamento fisico sotto la guida di mani esperte come in Isico (fisioterapia, manipolazioni, ginnastica, rieducazione posturale), e qualche pausa di riposo quando il dolore si fa più intenso.
Il mal di schiena sparirà nel giro di qualche settimana, ma, per accelerarne la regressione, il medico potrà prescrivere un farmaco antidolorifico o antinfiammatorio. Togliendo il dolore infatti si favorisce un precoce recupero completo del movimento che, a sua volta, facilita l'autoguarigione.

Va chiarito che questo tipo di esami, da soli - cioè senza l'esame obiettivo del medico - non solo sono inutili, ma possono anche ingannare perché ci danno sì delle informazioni sullo stato della nostra colonna, ma non individuano l'origine del dolore. Il medico allora li prescriverà solo se sospetta la presenza di una patologia grave per la quale cerca una conferma negli strumenti di diagnostica per immagini.

Sì, e il punto cruciale è proprio questo; bisogna evitare che il dolore cronicizzi. La prevenzione delle recidive è possibile grazie a quella che è stata codificata come "back school", cioè una buona educazione funzionale della schiena che si può ottenere con un numero relativamente ridotto di sedute di ginnastica mirata alla corretta impostazione posturale ed ergonomica della colonna vertebrale.
Una volta appresa la tecnica insegnata dagli esperti rieducatori di Isico, il paziente acquisirà da sè la capacità di mantenere posizioni corrette, sollevare correttamente i pesi e in generale gestire opportunamente la propria postura e tono muscolare. La lombalgia però può cronicizzare non solo per un susseguirsi di episodi acuti sempre più ravvicinati nel tempo; ma anche perché - magari dopo un episodio acuto particolarmente intenso - non si riesce più a venirne fuori: vuoi per motivi fisici, legati al dolore, ma anche per cause psicologiche legate alla percezione del dolore stesso.

Sì, e il punto cruciale è proprio questo; bisogna evitare che il dolore cronicizzi. La prevenzione delle recidive è possibile grazie a quella che è stata codificata come "back school", cioè una buona educazione funzionale della schiena che si può ottenere con un numero relativamente ridotto di sedute di ginnastica mirata alla corretta impostazione posturale ed ergonomica della colonna vertebrale.
Una volta appresa la tecnica insegnata dagli esperti rieducatori di Isico, il paziente acquisirà da sè la capacità di mantenere posizioni corrette, sollevare correttamente i pesi e in generale gestire opportunamente la propria postura e tono muscolare. La lombalgia però può cronicizzare non solo per un susseguirsi di episodi acuti sempre più ravvicinati nel tempo; ma anche perché - magari dopo un episodio acuto particolarmente intenso - non si riesce più a venirne fuori: vuoi per motivi fisici, legati al dolore, ma anche per cause psicologiche legate alla percezione del dolore stesso.

La persona che ha sempre mal di schiena, che collega questo male al movimento, o che ha ricevuto l'erroneo messaggio di "non fare" per non scatenare il dolore, finisce per fermarsi e - fermandosi - perde progressivamente le proprie capacità funzionali. Ovviamente meno fa e peggio si sente anche emotivamente. Il riposo assoluto, soprattutto se per lunghi periodi, è allora assolutamente sconsigliato perché, riducendo le richieste fiunzionali alla propria colonna, si finisce per ridurne anche la capacità di fare. Ricordiamo che la colonna vertebrale non solo è conformata per muoversi, ma è dal movimento che dipende la sua vitalità. Questo non significa fare gli eroi, imporsi sforzi agonistici, ma adottare uno stile di vita che commisuri gli sforzi richiesti alle capacità disponibili.

Con quello che noi medici chiamiamo il "ricondizionamento", cioè la rieducazione della colonna vertebrale attraverso esercizi mirati al recupero della sua piena capacità funzionale. Proprio questa è una delle nostre specializzazioni in Isico. Questi esercizi andranno fatti sotto la guida del personale esperto di Isico, anche perché - soprattutto all'inizio del ciclo di terapia (che in genere dura come minimo 3/4 mesi) - è possibile che il paziente provi dolore, ed è essenziale che il rieducatore si accerti che il dolore sia legato alla "rimessa in moto" della schiena e non rappresenti invece l'effetto di una nuova lesione.
Il ricondizionamento lavora su tutte le componenti organiche della colonna vertebrale, rinforzando i muscoli e recuperando l'articolarità e quindi l'ampiezza e potenza del movimento. Ci sono macchine (per esempio la DBC) che possono rendere il ricondizionamento più veloce e mirato; ma è essenziale che, finito il ciclo di terapia, il paziente continui a fare attività fisica (naturalmente commisurata alle proprie capacità) per non perdere i benefici acquisiti. Anche questa è una specializzazione di Isico. Oltre al corpo bisogna "ricondizionare" anche il cervello, ossia imparare a gestire il dolore piuttosto che subirlo.

Se la riabilitazione di Isico ben fatta non è riuscita ad avere ragione di un dolore cronico invincibile collegato a movimenti - anche minimi - della colonna, si potrà procedere ad un intervento di "artrodesi" che prevede l'immobilizzazione delle vertebre da cui origina il dolore. Il dolore sparisce o si attenuta notevolmente, ma al prezzo dell'immobilità del tratto di colonna interessato.
Di fronte ad un'ernia che dia un dolore sciatico e in cui una buona riabilitazione come quella di Isico non sia riuscita a risolvere la situazione, l'intervento chirurgico otterrà la remissione del dolore alla gamba, ma potrà residuare dolore alla schiena manomessa. Indicazioni chirurgiche si possono dare in presenza di un canale vertebrale stretto o di un'ernia grave che - comprimendo le radici nervose - diano importanti complicazioni neurologiche (incontinenza, impossibilità di deambulazione). Dunque esistono soluzioni chirurgiche che possono risolvere problemi di trasmissione nervosa di impulsi che si "inceppano" a livello del tratto lombare della colonna, ma il dolore - la lombalgia vera e propria - rimane un mistero. Per questo il solo mal di schiena non può costituire un'indicazione corretta all'intervento chirurgico.

Il mal di schiena cronico è un complicato puzzle da riordinare, fatto da tre tipi di pezzi. I primi pezzi del puzzle riguardano il versante biologico del problema, che comprende la lesione iniziale che ha dato origine al dolore, ma anche tutte quelle difficoltà fisiche che si sviluppano inevitabilmente in chi ha mal di schiena per così tanto tempo: a furia di aver dolore ha ridotto la sua vita, gli hanno magari detto che non può più fare l’attività fisica che gli piace e con il tempo ha perso di allenamento.

Provate voi ad avere mal di schiena per mesi interi, a svegliarvi al mattino chiedendovi per prima cosa se è una buona giornata in base al vostro dolore, magari a prendere in braccio vostro figlio "solo per dovere" come ha detto una volta un paziente, perché avete un gran dolore. E’ impossibile non avere contraccolpi psicologici. Il problema è che questo non fa che sensibilizzare sempre di più al dolore: è come per il raffreddore: meno ci pensiamo e meno starnutiamo, più ci pensiamo e peggio stiamo. D’altra parte è un circolo vizioso dal quale ci vuole un aiuto come quello di Isico per uscire.

Abbiamo detto che la lombalgia cronica è un puzzle composto da tre tipi di pezzi: i problemi fisici, i problemi psicologici e i problemi sociali. Non si può curare una lombalgia cronica senza riabilitare tutti questi problemi, uno per volta, con calma, consentendo al paziente di rimettere insieme tutti i pezzi, come facciamo noi di Isico.
Perché la riabilitazione anche in questo caso è e rimane comunque un percorso individuale, che il paziente fa da solo con l’aiuto del rieducatore. Quindi: lavoro sul versante fisico (esercizi), lavoro sul versante psicologico (è fondamentale l’approccio cognitivo-comportamentale – ossia sapere, conoscere per comportarsi adeguatamente) e sociale (di nuovo modalità di comportamento).

L’intervento inizia con una serie di informazioni precise, che spaziano dall’anatomia e fisiologia, passando attraverso l’ergonomia, ossia come si deve usare il proprio corpo, e soprattutto attraverso l’approccio psicologico al dolore, come ci si deve comportare, cosa si deve fare nelle varie situazioni, cosa è vero e cosa è falso.

Sicuro: i danni fisici conseguenti a mesi di dolore ci sono e si fanno sentire. Il concetto fondamentale degli esercizi proposti da Isico è però anche qui comportamentale. Si deve re-imparare che il movimento in generale non solo non fa male, ma fa bene anche se sul momento può sembrare aumentare il dolore. In questo caso Isico sceglie una tecnica a gradini, con esercizi che sono l’uno la logica prosecuzione dell’altro. Con il tempo, più o meno lentamente in base a quanto consentito dalle condizioni del paziente, si deve inesorabilmente risalire la scala della forma fisica, perché solo così si potrà stare meglio.

Successivamente si fanno esercizi di recupero della mobilità, esercizi di rinforzo, esercizi di miglioramento del controllo del movimento. Non solo un pezzo, ma tutto l’insieme. Anche qui è fondamentale da un lato la progressione, lenta e graduale ma costante; dall’altro la presenza di un rieducatore come quelli di Isico che ci sia, ma che non sia assillante, che aiuti a comprendere senza sostituirsi al paziente: tutti questi elementi devono essere acquisiti dal paziente da solo, con un aiuto esterno, ma da solo.

Non perdersi di fiducia; non dar retta a chi dà solo proibizioni: con i no non si migliora, ci vogliono una serie di sì, però ragionati e controllati. In pratica, si deve trovare un buon aiuto, di cui si deve aver fiducia, dal quale però si deve pretendere di avere tutti gli strumenti per arrangiarsi da soli, perché un altro problema che si può incontrare è che, invece di dipendere dal dolore, si finisca per dipendere da un terapeuta o da una terapia: si deve invece imparare a far da soli, se si vuole veramente stare meglio. E Isico aiuta proprio in questo.

Prima di tutto occorre puntualizzare che non è assolutamente vero che invecchiare significhi necessariamente soffrire con le ossa. E’ assurdo dire ad una persona che entra in ambulatorio "beh, cosa vuole, con la sua età …": oggi abbiamo l’esempio di persone di oltre 80 anni di una vitalità impressionante. Torniamo ai problemi della colonna vertebrale, che in realtà non invecchia isolatamente, ma insieme a tutto il nostro fisico; ne consegue che i fenomeni principali sono quelli che colpiscono tutte le nostre ossa che invecchiano: parliamo dell’artrosi e dell’osteoporosi. Poi ovviamente l’invecchiamento, anche a causa di questi due problemi di fondo, tende ad accentuare, esaltare tutti quei problemi che potevano essere pre-esistenti. Ecco un altro motivo per cui ci si deve curare per tempo in caso di mal di schiena, o di scoliosi, o di dorso curvo: per invecchiare bene.

Primo: raggiungere l’età adulta con una colonna a posto. Una scoliosi del bambino, un dorso curvo del bambino non sono importanti solo in quanto tali, ma soprattutto perché si aggraveranno in età anziana, provocando spesso deformità gravi.

Secondo: curare i problemi dell’età adulta. Non trascurare il mal di schiena o il male al collo che ricompare in continuazione, perché in età anziana rischia di diventare un problema cronico.

Terzo: guardare i propri genitori, perché guardando loro da anziani ci si può in parte vedere nel futuro e quindi si può sapere che cosa si deve prevenire.

Quarto: condurre una vita sana, senza ossessioni salutistiche, ma evitando sovraccarichi scorretti ed esagerati, soprattutto se ripetitivi nel tempo, spesso dovuti alla postura o al lavoro. Quinto ed ultimo, fare tanta buona attività fisica per tutta la vita: aiuta le ossa, aiuta i muscoli, aiuta le articolazioni, aiuta la testa.

No assolutamente. Il cedimento vertebrale è una situazione patologica dove la vertebra cede e si schiaccia creando una frattura. La componente strutturale si indebolisce ed è come se il "muro" costituito dalla vertebra, troppo deprivata della sua componente di calcio, crolli su se stesso schiacciandosi. Il cedimento posturale invece è strettamente connesso alla colonna vertebrale. Si tratta di una situazione molto frequente, ogni qualvolta la muscolatura non è in grado di controllare la corretta postura. In questo caso la colonna non è in grado di far fronte attivamente alla forza di gravità e viene schiacciata dal proprio peso. Si dice che la schiena si lascia "andare": la forza dei muscoli non è sufficiente o non lavorano in maniera corretta con la conseguenza che la postura risulta rilasciata e la colonna tendenzialmente più flessa. La componente posturale di cedimento è una questione normale e naturale. Più il tronco è ben equilibrato meno si farà fatica a controllarla. La fisioterapia e la forza muscolare sono un'arma efficacissima per contrastarla. La cattiva postura alimenta il cedimento posturale. 

L’esercizio fisico aiuta ad alleviare il dolore, a migliorare la funzionalità e la qualità della vita. Una schiena sana, che non vuol dire dritta, è una schiena capace di sopportare gli stress della vita quotidiana.
In presenza di scoliosi inoltre è particolarmente importante allenare la muscolatura di sostegno della colonna, per raggiungere la stabilizzazione. Dobbiamo però distinguere tra sport ed esercizi specifici eseguiti in autocorrezione, ossia quei movimenti che portano a un miglior posizionamento della colonna nei tre piani dello spazio e che il paziente esegue in modo attivo. Gli esercizi specifici sono una vera e propria terapia, mentre non esiste uno sport che “curi” la scoliosi.

L’adulto con scoliosi può e DEVE praticare attività fisica, almeno per 2-3 volte a settimana, scegliendo tra le diverse discipline sportive a seconda delle proprie propensioni e nel rispetto dei propri limiti, e per chi ha anche dolore, nel rispetto dello stesso.

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