Tanti dei nostri pazienti ricevono una diagnosi di scoliosi durante uno dei periodi della vita più intenso, caratterizzato da trasformazioni tanto repentine quanto profonde che riguardano la ridefinizione della propria identità: l’adolescenza.
In questo periodo il corpo cambia, anche piuttosto rapidamente, e non sempre corrisponde al corpo desiderato. Contemporaneamente si sviluppano anche gli organi sessuali e i caratteri sessuali secondari scoprendo così una nuova dimensione del corpo mai sperimentata prima.
In adolescenza prosegue e, in alcuni casi, culmina lo sviluppo cognitivo. Cioè le nostre funzioni cognitive raggiungono la completa maturazione, ma non tutte perché le aree del nostro cervello hanno traiettorie di sviluppo diverse e maturano in tempi diversi. E’ il caso dei lobi frontali che costituiscono il substrato neurale di quelle che si chiamano funzioni esecutive.
Queste comprendono una serie di abilità cognitive complesse come la capacità di pianificazione, di organizzazione e di regolazione dei nostri comportamenti.
L’adolescenza è anche il periodo in cui assistiamo ad un aumento della gamma e dell’intensità delle emozioni che siamo in grado di provare a fronte però dell’assenza di aree cerebrali completamente mature che ci permettano di regolare queste emozioni!
“L’ultimo ambito protagonista di cambiamenti in questo periodo del ciclo di vita è quello delle relazioni sociali –spiega la dott.ssa Irene Ferrario, psicologa di Isico – In adolescenza, infatti, le amicizie diventano sempre più importanti e profonde ed è il periodo in cui alcuni cominciano ad allacciare le prime relazioni affettive. Le richieste del contesto sociale, quindi, si fanno sempre più complesse”.
Mentre succede tutto questo, può capitare che i ragazzi e le ragazze si trovino a dover gestire e metabolizzare anche una diagnosi di scoliosi e una prescrizione di corsetto e per qualcuno può essere più complicato che per altri.
“Rabbia per una condizione che viene vissuta come una limitazione della propria libertà o come un’ingiustizia e vergogna per un corsetto che si vede o si sente sotto i vestiti quando gli altri ci abbracciano – continua la dott.ssa Ferrario – sono tra le emozioni più comuni tra chi fatica ad accettare la scoliosi e le sue conseguenze”.
La paura di quello che può pensare o dire l’altro è qualcosa che si può sperimentare a qualunque età, ma in adolescenza è molto frequente perché tanto è il desiderio di sentirsi accettati dai pari, di essere come loro. Questa paura, però, a volte può essere paralizzante e può portare a sfuggire da tutte quelle situazioni in cui siamo esposti al giudizio dell’altro.
La conseguenza è che limitiamo le nostre esperienze aumentando il senso di isolamento e solitudine.
A volte è sufficiente parlare di come ci si sente con gli amici o con i genitori. Oppure basta trovare con il proprio medico o fisioterapista delle strategie per gestire al meglio il corsetto. Altre volte è utile parlare di come ci si sente e di come si sta vivendo con sofferenza una certa situazione con uno psicologo.
Il trattamento della scoliosi è un percorso lungo e impegnativo, è normale incontrare dei momenti di difficoltà dovuti alla stanchezza o al cambiamento dei contesti di vita. Cambiare scuola, cambiare amici, intraprendere nuove relazioni, liti in famiglia sono tutte situazioni che possono costituire dei momenti di crisi che possono poi impattare sulla gestione della terapia.
“La parola crisi richiama alla mente solo immagini negative, ma questa parola nasce con un significato ben diverso – commenta la dott.ssa Ferrario – Deriva da un termine greco che significa scelta, decisione; un momento di crisi, quindi, può essere l’occasione per ridefinire alcuni aspetti di sé, una scelta che volenti o nolenti si è chiamati a fare. Chiedere aiuto in una crisi non è una debolezza, anzi bisogna avere un certo coraggio per farlo e decidere di mettersi in discussione!”.
In ISICO a far richiesta di un incontro con la psicologa possono essere le famiglie stesse oppure può essere suggerito da medici e fisioterapisti quando si accorgono che i ragazzi stanno vivendo delle difficoltà relative o meno alla terapia.
Il lavoro che a quel punto viene fatto può andare dalla semplice identificazione dei fattori sottostanti alla mancata compliance alla presa in carico per un percorso di sostegno o psicoterapeutico individualizzato in base alle esigenze dei ragazzi e delle ragazze. Lo psicologo, inoltre, può supportare medici e terapisti nella gestione e nella comprensione di situazioni complesse.
La collaborazione tra professionisti della salute mentale, medici e fisioterapisti permette la presa in carico della persona nel suo insieme, non solo della sua schiena.